Fête vénitienne au Castello Sforzesco de Milan

Tiepolo, Canaletto e i maestri del Settecento veneziano nei disegni e nelle stampe del Castello Sforzesco

Il Settecento veneziano approda al Castello Sforzesco di Milano. A cinquantadue anni dalla storica mostra del 1969 Disegni del Settecento nelle collezioni del Museo d’Arte Antica di Milano, e a cinquanta da quella del 1971, altrettanto importante, Giovanni Battista Piazzetta e l’Accademia. Disegni, ambedue curate dall’allora direttrice delle Civiche Raccolte d’Arte milanesi, Mercedes Precerutti-Garberi, viene inaugurato il nuovo spazio espositivo dell’Antico Ospedale Spagnolo del Castello. Le sale saranno anche in futuro dedicate alla presentazione dell’ingente patrimonio civico di arti grafiche, solitamente escluso dal percorso di visita permanente del Castello Sforzesco e custodito presso il Gabinetto dei Disegni e la Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”. Per l’occasione, viene proposta una mostra dossier a cura di Francesca Mariano ed Eleonora Scianna e con il coordinamento di Alessia Alberti, conservatore dei due istituti: Tiepolo, Canaletto e i maestri del Settecento veneziano nei disegni e nelle stampe del Castello Sforzesco.

L’esibizione offre al pubblico una cinquantina di opere su carta, tra disegni e stampe, solitamente non visibili se non a studiosi e addetti ai lavori, in un riuscito e sfaccettato omaggio ai grandi maestri veneziani del XVIII secolo. Disegni e incisioni qui esposti pervennero alle raccolte civiche milanesi da importanti collezioni private: ricordiamo, per esempio, i nuclei Trivulzio, di Antonio Guasconi e di Giovanni Morelli.

La mostra si apre nel nome della famiglia Tiepolo, alla quale è dedicata l’intera prima sala con opere di Giambattista (1696-1770) e del figlio Giandomenico Tiepolo (1727-1804). Di Giambattista ammiriamo otto sapide caricature provenienti da una donazione del 1900 di Gustavo Frizzoni, quattro delle quali già in possesso di Giovanni Morelli. Databili agli anni 1755-1760, si caratterizzano per uno stile fresco e fluido dato dai rapidi tratti a penna e dalle sciolte pennellate a inchiostro: si sussegue, così, una variegata galleria di una multiforme umanità, filtrata attraverso la lente dell’ironia, tra gentiluomini, frati, gobbi e uomini imparruccati. Per quanto riguarda le incisioni, troviamo invece esposta l’edizione postuma del 1785, dedicata al mercante Girolamo Manfrin, dei Vari Capricci inventati e incisi dal celebre Gio. Battista Tiepolo, una serie di dieci stampe improntate a un linguaggio estroso, funambolico e misterioso, con scene difficilmente decifrabili popolate di guerrieri, animali, scheletri e figure esotiche.

Del figlio Giandomenico troviamo, in apertura, una bella acquaforte del 1745-1750 circa con Venezia riceve da Nettuno i doni del mare, derivata dall’olio su tela realizzato dal padre Giambattista per la Sala delle Quattro Porte di Palazzo Ducale di Venezia. Sempre di Giandomenico vengono sottolineate la sua produzione a soggetto animalistico e quella a tema mitologico. Del primo filone si apprezzano tre vividi disegni a penna, pennello e inchiostro su traccia a matita nera (uno Studio di pipistrelli e scatoletta aperta del 1790 circa, di eccezionale delicatezza per le terse campiture ad acquerello, e due vivaci fogli con cani che giocano e si azzuffano, accostabili agli affreschi di Villa Tiepolo a Zianigo eseguiti a più riprese tra 1759 e 1797). Del secondo sono visibili Ercole scaccia gli uccelli del lago Stinfalo, del 1759 circa e proveniente dal legato Guasconi del 1863, disegno contraddistinto da un linguaggio sensuale, atmosferico e galante, grazie anche alla morbidezza della pennellata, e una smagliante Allegoria del Tevere e la Lupa capitolina (1757 circa) a penna, pennello e inchiostro su carta, riferibile con ogni probabilità agli anni nei quali i Tiepolo affrescarono Villa Valmarana, nei pressi di Vicenza.

Il percorso espositivo prosegue, nella seconda sala, con uno scandaglio della natura umana tramite le “teste di carattere” di Giovanni Battista Piazzetta (1683-1754). Si possono infatti ammirare due teste di vecchio barbuto e due di giovane donna, dono Trivulzio del 1943, disegnate a carboncino e gessetti colorati su carta cerulea scolorita dal trascorrere del tempo, maldestramente ripassate ma non per questo meno seducenti; ma, soprattutto, il magnetico e vigoroso Ritratto del feldmaresciallo Mathias von der Schulenburg del 1738 circa, disegno a carboncino, sfumino e gessetto su carta grigia. Illustre militare, mecenate e collezionista d’arte di origini tedesche, von der Schulenburg (1661-1747) commissionò due sue effigi a Piazzetta (la prima è oggi all’Art Institute di Chicago); quella del Castello Sforzesco, un dono Trivulzio del 1943, si distingue per il viso a tratti idealizzato del personaggio, per lo sguardo carismatico e per la pregnante espressività.

Procedendo, si incontrano le vibranti e icastiche acqueforti del 1753 di Giandomenico Tiepolo dalle Idee Pittoresche sopra La Fuga in Egitto di Giesu, Maria e Gioseppe, pubblicate durante gli anni di Würzburg. Per l’iconografia degli episodi raffigurati, Giandomenico si ispirò alle scarne informazioni presenti nei Vangeli sinottici ma, soprattutto, a testi apocrifi: ne scaturiscono, così, immagini dalla fervida inventiva e di sapore domestico, dal linguaggio guizzante e chiaroscurato fatto di linee quasi impalpabili ed equidistanti, rinforzate nelle zone d’ombra con crocette.

Nell’economia di una mostra sul Settecento veneziano, non può certo mancare un affondo sul vedutismo. Troviamo esposte due affascinanti acqueforti dalla serie Vedute di Dresda e Pirna (che la Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” possiede nella sua interezza) di Bernardo Bellotto(1721-1780), la maestosa Dresda dalla riva sinistra dell’Elba, il Castello a sinistra, la Hofkirche di fronte del 1748 e la spettacolare Le antiche fortificazioni di Dresda a sud dello Zwinger (Il Bastione Saturno) del 1750, ambedue firmate «Bernard Belloto dit Canaletto». Sono inoltre presenti due acqueforti e bulini del 1741-1745 del padre del genere della veduta, nonché zio di Bellotto, Giovanni Antonio Canal detto Canaletto (1697-1768), due tavole dalle Vedute, altre prese da i Luoghi, altre ideate da Antonio Canal, una raccolta messa in vendita in un unico album a partire dal 1751, comprendente vedute di luoghi ben identificabili e i cosiddetti “capricci”, paesaggi nati dalla fantasia dell’artista di forte presa sugli spettatori e dall’innegabile piglio espressivo. In mostra si apprezzano proprio due “capricci”, una Veduta immaginaria di Venezia e una Veduta immaginaria di Padova dallo spiccato pittoricismo dato dal ductus incisorio fitto e palpitante.

Chiude il percorso espositivo un confronto tra due differenti esemplari dell’acquaforte di Canaletto La torre di Malghera, anch’essa facente parte delle Vedute, altre prese da i Luoghi, altre ideate da Antonio Canal; la Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” ne conserva tre esemplari. La stampa illustra una veduta costiera con, in primo piano, macchiette; la composizione è dominata dalla massiccia torre di Malghera, una fortificazione eretta nel XV secolo nei territori della Serenissima. Una delle due incisioni è una tiratura tarda della lastra in rame di Canaletto, operata dalla celebre stamperia Remondini di Bassano del Grappa, come desumibile da elementi quali la filigrana della carta con la lettera «R», la presenza nel margine inferiore del nome dell’autore («A. Canal f.»), del titolo e della sigla «E 4.». L’altro esemplare, privo dei margini asportati intenzionalmente, caratterizzato da un’inchiostratura pallida (si veda, per esempio, la barca in primo piano) e dall’aggiunta di ombreggiature specialmente nella porzione destra del foglio, fa supporre che si tratti di un’edizione tarda curata sempre dai Remondini.


L’esposizione, visitabile gratuitamente fino al 19 dicembre 2021, è accompagnata da sobri ed esaustivi pannelli con testi in italiano e in inglese.

Stefano Balbiani